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Il testo affronta le ragioni che hanno portato la scienza a rivisitare le proprie strutture teoriche. La scienza moderna, fino al secolo scorso, è stata considerata come l'unica conoscenza certa poiché efficace, controllabile, condivisibile e, in quanto tale, affidabile e indubitabile. È proprio in forza dell'intreccio del metodo empirico e del metodo assiomatico che la fisica, in particolare, si presentava come sapere certo e definitivo. Oggi il pensiero scientifico si propone come ipotetico, revisionabile e fallibile, ma questo suo modo di procedere non vuol dire assolutamente che rinuncia al dominio dell'universo; al contrario, proprio per rendere più radicale il proprio dominio sulle cose, trasforma il proprio apparato concettuale: rinuncia a essere verità definitiva e incontrovertibile per poter meglio comprendere e dominare fenomeni nuovi. Il testo presenta non solo il processo di elaborazione dell'apparato concettuale ma rileva anche come la scienza moderna, forte della sua posizione di dominio, supera un'antica opinione secondo la quale spettava ad essa il solo il compito di spiegare il "come" delle cose, mentre alla filosofia e alla teologia quello più ambizioso di spiegare il "perché", ovvero le grandi questioni dell'essere.